Stampa questo articolo Stampa questo articolo

Roma: il mito di Orfeo dalla cantina al Sistina: Dio è soltanto svenuto

Articolo letto 1689 volte.

Di Vittorio Pescatori

10700130_abc01Preghiere e luci psichedeliche, canti gregoriani e inviti allucinogeni nell’ultimo spettacolo di gruppo con happening finale (“e se qualcuno vuole anche spogliarsi, sono fatti suoi”).

Roma. Si prova “Orfeo nove” in uno scantinato del quartiere universitario. Orfeo è Tito Schipa Jr. (il figlio del grande tenore napoletano), il quale è anche regista e ideatore dello spettacolo.

10700130_abc02Orfeo sta ritto contro il muro con una bacchetta nel pugno. Ai suoi piedi, inginocchiati, i ragazzi e le ragazze della tribù intonano una nenia quasi gregoriana. Poi d’un tratto balzano in piedi, le braccia tese, e invocano Dio. E l’invocazione sale dalla cantina dove stanno provando e si perde tra i clacson e gli scappamenti di viale Regina Margherita. Ora la tribù si scioglie per la pausa ma ognuno continua a provare per proprio conto e la cantina va somigliando subito a una fossa di alienati, uno che si sbraccia in un angolo, l’altra che fa una danza del ventre, l’altro ancora, ombretto viola, che si rannicchia per terra e soffia nel flauto. Orfeo, ossia Tito Schipa Jr., figlio del tenore, voce da soprano, regista e ideatore dello spettacolo e delle musiche insieme con Bill Elliot, ventidue anni, Carolina del Nord, manda una ragazza a prendergli il caffè e questa, prima di obbedire, 10700130_abc03scrive sul muro “Angelo, deus ex machina” perchè è arrivato finalmente l’amministratore Angelo e la tribù gioisce dato che di soldi ce ne sono proprio pochi e l’appetito incalza. «Andremo in scena al teatro Sistina – dice Tito Schipa -. Immagino già che molti sosterranno che ho voluto scopiazzare Hair, ma non è vero perchè Hair è uno spettacolo manifesto, un music-hall, lì si parla e si canta seguendo ormai degli schemi precisi: gli attori a un certo punto si spogliano completamente per simboleggiare la liberazione totale da ogni restrizione. Ma di che liberazione si tratta se ogni sera gli attori sono obbligati a restare nudi, anche se non ne hanno voglia? Il nostro Orfeo Nove (9 è il numero perfetto) segue una storia ben precisa, la storia di Orfeo, tutta cantata, ma gli attori hanno un maggior margine di libertà. Alla fine c’è un happening col pubblico e se qualcuno si spoglia son fatti suoi».

10700130_abc04L’idea di Orfeo Nove è nata quasi per caso. Schipa aveva letto da qualche parte che un gruppo di hippies era stato cacciato dalla polizia da una chiesa diroccata dove si era accampato. Poi, durante una puntata in Olanda, capitò in un locale per ragazzi che era appunto una chiesa in rovina e che si chiamava Paradiso. Paradiso, cacciata, chiesa diroccata, Inferno o civiltà industriale… Orfeo. Per associazione d’idea allo Schipa Jr. venne in mente di scrivere uno spettacolo musicale riproponendo il mito di Orfeo, ambientato tra giovani che per sfuggire alla schiavitù industrializzata decidono di vivere isolati in un vecchio e cadente tempio. Qui in contatto con la natura riscoprono Dio e lo pregano pieni di felicità.10700130_abc05 «Ho dato molto spazio alla preghiera – dice Schipa -, perchè oggi Dio sta per essere riscoperto in tutto il mondo. Credo che questo sia dovuto al ribellarsi dei giovani agli schemi materialistici nei quali volevano rinchiuderli le vecchie generazioni. La ribellione, cioè l’allontamento dalla società schiavista, li ha messi in stretta relazione con la natura e chi vive con lei non può sfuggire al richiamo di Dio. Non a quel Dio spietato e vendicativo voluto dalla società per asservire i più deboli, ma Dio nella sua essenza pura di amore totale. Si può dire che Dio non è morto, ma soltanto svenuto. E non sono certo gli irrigidimenti reazionari della Chiesa che possono farlo rinvenire».

10700130_abc06Il “venditore di gioia”
Dunque, tra i giovani che vivono nel tempio c’è anche Orfeo, il più turbolento e generoso. Ha scoperto la verità e l’ha materializzata nell’immagine della sua ragazza, Euridice. Ma un giorno capita nella tribù il “venditore di gioia” (Simon Catlin, che già nell’”Opera Beat” allestita sempre da Schipa tre anni fa al Piper, era molto piaciuto) e per Orfeo è la fine del sogno. Il “venditore di gioia” infatti è un emissario della società che cerca di indebolire psichicamente i ragazzi con la droga. Gli altri resistono alla tentazione di una nuova dimensione perchè “già pieni di gioia”, Orfeo no: la sua smania di emozioni diverse lo spinge a provare, cioè a voltarsi indietro e a perdere Euridice, la verità. (…)

Fonte: ABC – Anno XI – N. 5
Autore: Vittorio Pescatori
Data: Milano, 30/01/1970
Tipo: cronaca ed intervista

I Commenti sono chiusi