Di Tino Roberti

AMA LA MUSICA COME PAPÀ. Tito Schipa Jr., figlio del grande tenore omonimo scomparso otto anni fa, ha composto un'opera pop, "Orfeo 9", che è stata incisa in disco e che sarà trasmessa in televisione. Schipa ha immaginato che Orfeo sia un giovane d'oggi membro di una comunità hippy.
Tito Schipa, il famoso tenore scomparso nel ’65 a 79 anni, sognava che suo figlio diventasse un grande direttore d’orchestra. Come cantante lirico no, non lo vedeva davvero: Titino di voce ne aveva poca.
Il ragazzo non ha fatto né l’uno né l’altro, eppure è riuscito ugualmente, in certo modo, a seguire le orme paterne: è cantante-autore di una suggestiva opera pop che s’ispira al melodramma: Orfeo 9.
L’opera fu presentata per la prima volta a Roma, suscitando più interesse nei critici che nel pubblico, non ancora abituato a questo genere di spettacolo. Ma ora che si sono succeduti i vari Hair, Jesus Christ Superstar, Caino e Abele, Paleopoli, Tommy, anche l’Orfeo 9 di Tito Schipa Jr. torna alla ribalta in due versioni che lo divulgheranno certo con maggiore facilità: l’una discografica, attraverso un doppio album inciso dalla Fonit-Cetra, l’altra televisiva.
Per il teleschermo lo stesso cantante-autore ha curato anche la regìa realizzando una fantasiosa trasposizione di tipo cinematografico, a colori, che noi purtroppo vedremo nel solito bianco e nero. Questo Orfeo 9 viene anche presentato il 6 settembre alle “giornate” di Venezia.
Perchè Orfeo 9? «Perchè credo che sia la nona volta che Orfeo viene messo in musica”, dice l’autore. “Secondo i miei calcoli ci avevano già pensato i signori Monteverdi, Gluck, Bach, Haydin, Liszt, Casella, Strawinski, Offenbach».
Invece delle vecchie romanze Schipa Jr. ci ha messo folk songs, rock, blues; al posto dell’ambientazione mitologica ha immaginato una comunità hippy raccolta in una chiesa sconsacrata. «Quest’idea», spiega, «mi venne per caso leggendo su un giornale italiano che un gruppo di hippies era stato cacciato da un monastero abbandonato».
Il suo moderno Orfeo perde Euridice non per un morso di serpe ma per le lusinghe d’un ambiguo “venditore di felicità” (droga); quanto al suo inferno è rappresentato dal deludente peregrinare nelle opprimenti strutture d’una città industrializzata.
Il neo-regista valorizza al massimo il suo fil di voce interpretando il poetico ruolo di Orfeo e riesce a far cantare e recitare i suoi compagni (Eva Axen, Penny Brown, Monica Miguel, Ronnie Jones, Loredana Bertè, Edoardo Nevola, Renato Zero) in modo estremamente semplice e immediato. «La mia storia è quella del classico figlio d’arte», racconta ancora Tito Schipa Jr. «Sono nato ventotto anni fa a Lisbona in un baule da tournèe, ho vissuto due anni in California, uno in Francia, cinque in Piemonte. Dal ’55 mi trovo nella giungla di Roma dove ho frequentato e smesso l’università, studiato pianoforte, fatto l’assistente-regista di De Lullo, Menotti, Squarzina, Wertmüller in teatro e cinema, quasi sempre per opere musicali. Mettermi da solo è stato duro, ho saltato i pasti, ma non mi arrendo».
Suo padre è morto già da otto anni ma lui lo ricorda sempre con un misto d’affetto e ammirazione. «Rimpiango soltanto di non essere nato prima, negli anni d’oro dei suoi clamorosi trionfi». Per questo all’inizio del secondo tempo di Orfeo 9 fa ascoltare un vecchio disco a 78 giri in cui la voce inconfondibile del suo grande papà modula magistralmente “Che farò senza Euridice”.
Fonte: Oggi
Autore: Tino Roberti
Data: 13/09/1973
Tipo: intervista