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“Orfeo 9″ un percorso musicale per tutti

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Di Gabriele Cametti

Edoardo Nevola, Tito Schipa Jr. e Eva Axen

Edoardo Nevola, Tito Schipa Jr. e Eva Axen

“Orfeo 9″ è l’album doppio Tito Schipa Jr., un’opera pop che almeno per il nostro paese e la nostra lingua è completamente inedita. I testi e le musiche sono del cantautore.

Non voltarti indietro, non voltarti, non come la moglie di Lot, o come Orfeo. Chi si volta? Chi ha qualcosa da perdere. Chi crede che ciò che ha scoperto sia fatto per lui solo e quindi “possiede” cose, vuol possederne il più possibile. Non le ama davvero, o le ama in un modo così assurdo… Dice: «Ah, la macchina! La MMMIIA MMACCHINA», oppure la donna, «la MMIIIA DDONNA!…». E perde. Instancabilmente. Tutto quello a cui è disperatamente aggrappato lo perde. E sé stessi? «IO IO IO IO IO IO…». Anche sé stessi. È tutto per cercare, per aver cercato, anche se tutti sentiamo che la ricerca è giusta, è vitale.

Cercare cosa? Per Orfeo la Felicità è Euridice, cercata «quando la notte / non è ancora un dì… Quando puoi fare come se la notte / fosse lontana ancora dal finire» oppure «come se la luce / fosse già in cielo e ti annullasse in sè…». È la luce dell’alba. Un’alba esteriore, quella che il coro saluta all’inizio della prima facciata, e insieme interiore; quella piccola luce che ognuno di noi ha in sè. Ma ancora siamo immersi in un’aura di ambiguità, dura a morire: «È come stare sospesi a metà / a metà di una porta / Una dimensione morta». E allora «Passa da quella porta! / Apriti ad un posto in te / consacrato al silenzio» oggi che il silenzio è cosa così rara, e c’è tanto brusìo, di fuori e di dentro. «Passa da quella porta» insistono le Voci Narranti, che sembrano parlare da una dimensione più “illuminata”, e forse accadrà il miracolo, ascolterai i «milioni di voci nuove».

Orfeo (serve dire che ciascuno potrebbe rivestirne i panni?) è anche lui lì che cerca e non sa nemmeno cosa: «Ma perchè quelle nuvole in cielo / fanno ombra anche di dentro / come coprissero un cielo / sperduto nel profondo…? / È duro spiegare… / È come abitare una nuvola / un velo / uno specchio. / Mi guardo all’intorno / e non vedo nient’altro che me… / Nient’altro che me!». Orfeo – Narciso contempla e interroga il suo doppio riflesso in uno stagno, e non comprende la distanza tra sè e sè. Ma è proprio questa distanza a creare l’attesa di un cambiamento, di un miglioramento di una… luce.

Viene ad un certo punto chi porta pane per tutti e immagini di una “Città Sognata”, una città che ha lasciato liberi gli uomini di andare a cercare. Canta il “Vivandiere”: «Figuratevi una piazza / con l’asfalto tutto crepe / dove inizia ormai la crescita / lenta lenta / di quei fiori di papavero… / …e poi quel condottiero sul cavallo / nero nero e immobile… / …e quel tramway… / …guardalo / è come fosse un vecchio altare / ed il suo tempio è un mistero (Ministero NdR) / ed il silenzio è il dio della città». Ancora il silenzio. The sound of silence. Tutti sono fuggiti, dalla città sognata. Ed un motivo c’è: c’è una bomba in piazza. Che bomba è, che sta per scoppiare? Una bomba di un gruppo politico? L’Atomica? O è invece la città spessa, quella “reale” di prima della fuga, dove «tanto sporco era il gioco» che il Vivandiere si sentiva cieco? Un gioco di abili interessi, di rispettabilità borghese, di vita codificata e caotica, che accenna sempre al futuro ma che sprofonda sempre di più nel gioco meccanico e stupido del denaro…

Tito Schipa Jr.Qualcosa attira Orfeo inesorabilmente, fuori della sua solitudine, verso l’amore, verso l’unione di sè con la realtà: «C’è come una stecca che sento / nel vento. / Una frase incompiuta / Una rima taciuta / Se fosse in amore / un silenzio / Se fosse in un boccio di fiore / la brina / Se fosse…» «E se invece fosse una ragazza?». Il Vivandiere lo spinge a suonare per farla apparire. Ed Euridice appare. Inutile chiedersi il perchè. Chi l’ha provato lo sa: appare e basta. Ed è la felicità. Ma che cosa è la felicità, per ognuno? Ecco le interviste (vere):

Una bambina: «Io… l’estate. In mezzo all’estate, io ci sto bene».
Un ragazzo: «Non ci sarebbe bisogno di sfondo, Due figure distese, senza niente… Magari uno sfondo celeste. Potrebbe essere un cielo, chissà… Potrebbe essere un’acqua senza onde, no?…».
Un altro: «Penso che sia cambiare…».
Un altro: «È una cosa nelle nostre teste, molto difficile da raggiungere… Una condizione della nostra mente…».
Un altro: «È sapere chi si è… e riuscire ad esserlo!».
Un operaio: «È vana!».
Un intellettuale: «…cioè , è una sovrastruttura…».
Una ragazza: «È un attimo».
Un signore: «È la frazione di millesimo in cui…».
Un prete: «No neppure!».
Un nottambulo: «Eh, la felicità… È tutta un’altra cosa, no? Eh… è tutto. In che modo? Camminando… La felicità è questa».
Una ragazza: «Mmmh… i capelli sul collo…».
Un ragazzo: «Meglio non parlarne troppo se no se ne va subito».
Orfeo: «Molto tempo fa / Stesso colore / Come è sempre blu / Come è sempre vero / L’amore mio / Guarda e tace / Lei sa / Lei sa / Lei sa / Solo in te c’è la pace / E tu sai / Tu SEI / Sei qui / Ti amo / Ti amo / Perchè sai di REALTÀ… / …sei proprio come la musica / Senza di te non sarebbe più vita».

Ma eccone un’altra di felicità. Quella di chi la vende. Si può vendere? «Solo una goccia basterà…» dice il Venditore nella sua canzone strisciante (perchè «bisogna essere PIU’ felici! Seguimi Orfeo / Nel fondo di ciò che sei / dove è vero tutto ciò che vuoi»). E Orfeo abbocca: si fa vendere (ATTENZIONE!) ciò che già possedeva, e invece ora Euridice comincia a scomparire. Insieme al Venditore naturalmente. E Orfeo non capisce più niente, neanche le parole dei suoi amici.

Così eccolo alla ricerca ossessiva di ciò che ha perduto. Incontra gente amica che gli suggerisce «Seguici / Il nostro amore s’è messo per strada… Perché amare uno solo / se uno solo non è altro / che uno soltanto? / Ma se anche uno solo non ami / di che amore parli tanto?». Ma è dura ritrovare nel presente un presente che si è truccato da passato. E così Orfeo si volta, si volta ancora sperando che lei lo stia seguendo, e il Venditore ne approfitta metodico, inesorabile, pietrificando ogni suo nuovo incontro in forma di manichini senza vita. C’è l’usanza di non raccontare come la storia va a finire? Bene, neanch’io voglio farlo, ma uso queste ultime righe per riferirvi alcune mie sensazioni generali su questo lavoro.

Mentre ascoltavo le ultime battute dell’opera, sulle quali Orfeo conclude il suo viaggio tra i membri della “Città fatta a Inferno” («Non c’è eco nel vuoto / Dovessi cantare o gridare / In eterno»), in questo dedalo di gallerie che sembra simboleggiare un cervello impazzito delirante per uomini-macchine e macchine-uomini, pensavo di aver innegabilmente fruito di uno spettacolo-musica assolutamente completo. Molti fattori che abitualmente sono estranei all’opera pop sono intervenuti facendo nascere un prodotto che, almeno per il nostro paese eper la nostra lingua è praticamente inedito: primo fra tutti, quello di essere un’opera pop di un cantautore (l’unica che io conosca). Testi e musiche sono di Tito. Ascoltando, ascolti “uno”, proprio e solo lui, capite? E’ un’opera complessa e semplice allo stesso tempo. Se ne potrebbero trarre fiumi di parole, con critiche (senza dubbio) e consensi (assolutamente molti). Resta il fatto che il doppio LP ti prende per mano col primo solco e ti conduce attraverso un’esperienza autentica e completa fino all’ultima nota, senza risparmiare nessuno sforzo per renderti affascinante e”partecipabile” ogni singolo passo. Insomma, per me che amo la musica, ma anche e soprattutto lo spettacolo, è il caso di dire Orfeo sì.

Gabriele Cametti

Fonte: Ciao 2001
Autore: Gabriele Cametti
Data: 30/12/1973
Tipo: recensione

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