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“Orfeo 9″. Il mito classico visto dalla “rock opera” italiana

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Di Cinzia Bianchino

Presentata a Roma la pellicola restaurata di Orfeo 9, la prima “rock opera” italiana.

Dopo il successo ottenuto all’ultima edizione della mostra del cinema di Venezia , dove la pellicola restaurata dell’Orfeo9 è stata presentata a conclusione della manifestazione, l’opera rock scritta, diretta e musicata da Tito Schipa jr, è stata riproposta ieri sera al cinema Trevi di Roma.

Nel film musicale, girato nel ‘73, figurano oltre allo stesso Schipa jr nel ruolo di Orfeo, anche una giovanissima Loredana Bertè, come narratrice, e un altrettanto giovane Renato Zero nei panni di un venditore di felicità. Ma la felicità che egli offre è caduca e pericolosa, poiché passa attraverso l’uso di sostanze stupefacenti. Siamo a metà degli anni Settanta, quando appunto viene girata la pellicola, e Tito Schipa jr, attraverso la rievocazione del mito classico di Orfeo ed Euridice, coniugata ad un’estetica musicale sperimentale, come attesta nel titolo l’omaggio ai Beatles autori della canzone Revolution 9, intende lanciare una sorta di monito ai giovani della sua stessa generazione, quello di non “cadere nel trucco delle sostanze psicotiche, di non fare passi falsi”. Ciò che colpisce non solo è la particolare attualità con cui Schipa jr riesce ad affronta il tema delicato della tossicodipendenza, e più in generale, dell’alienazione urbana, di cui allora si iniziava a prendere coscienza, bensì anche e soprattutto la realizzazione della narrazione attraverso la musica e le canzoni, la cui successione si snoda a costituire un vero e proprio melodramma, nel senso che le regole e gli accorgimenti della plurisecolare tradizione dell’opera italiana vengono riproposti in modo originale e attuale. Tito Schipa jr si rivela così degno figlio del tenore Tito Schipa, uno dei grandi protagonisti della scena melodrammatica del Novecento. Inoltre la qualità della musica si abbina ad un testo a sua volta suggestivo ed efficace: da esso traspaiono nella controluce del tempo trascorso illusioni e disperazione di un’intera generazione, che esce sostanzialmente sconfitta dalla stagione cosiddetta del ’68, segnata da grandi speranze e grandi tragedie, quali la droga e il terrorismo.

Il film è la trasposizione cinematografica dell’opera live omonima di Tito Schipa jr, rappresentata invece per la prima volta il 23 gennaio del 1970 al teatro Sistina di Roma. L’opera, che si configura come melorock (melodramma unito a musica rock), si apre con il preludio che si sviluppa sul tema delle Tre note. La prima scena è intrisa di atmosfera onirica, in cui un gruppo di ragazzi, fuggiti dalla grande città, ritenuta ossessiva e degradante, invoca il sole, come fonte di vita. Finalmente è l’alba e con l’arrivo della luce si apre un canto di festa, che nemmeno un forte e improvviso temporale può oscurare. Orfeo è l’unico che non partecipa all’atmosfera di gaudio che coinvolge e anima il gruppo. Egli è imprigionato da sé stesso e dal proprio egotismo. Ecco però che arriva sulla scena una ragazza, Euridice. Orfeo ne rimane da subito incantato. Euridice riesce così a liberare Orfeo da sé stesso e subito viene celebrato un suggestivo rito nuziale. A turbare i loro animi arriva un imbonitore, che offre felicità a gocce. Irrompe così sulla scena il dramma della tossicodipendenza. Orfeo perde la sua Euridice. Inizia una ricerca disperata per riaverla. Va per strada ramingo e smarrito. Dopo vari incontri, gli accordi semplici di una chitarra, che diventa sua compagna di viaggio, e simbolo della musica, sembrano offrirgli un’ultima opportunità per ritrovare Euridice. I due si avvicinano, ma si sfiorano senza ritrovarsi. Orfeo 9 si conclude così senza che il protagonista riesca a ritrovare la sua Euridice, che egli stesso ha smarrito negli inferi metropolitani della propria tossicodipendenza, scambiando la vera felicità (l’amore) per una felicità posticcia (la droga).

La scabrosità dei temi trattati e i modi espliciti e scarni della narrazione, singolarmente oscillante tra realismo e lirismo, improntati ad una sensibilità certamente estranea al “perbenismo” dominante, hanno guadagnato al film censure e diffidenza, e, forse anche scarso interesse per la “inattualità” del linguaggio, almeno nel panorama culturale del nostro Paese. Infatti, benché Orfeo9 fosse stato realizzato per il settore sperimentale della RAI nel 1973, il film fu trasmesso in tv solo nel 1975. Poi fu proiettato per breve tempo e sporadicamente solo nei circuiti cinamatografici d’essai.

La sua riproposizione tuttavia ha definitivamente consacrato Orfeo9 come una delle realizzazioni musicali, e non solo musicali, più significative degli anni 70.

Fonte: Fondazione Italiani
Autore: Cinzia Bianchino
Data: 16/10/2008
Tipo: recensione

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