Sinossi

A T T O I
L’opera si apre con un preludio costruito sviluppando il semplice tema delle Tre Note, Leit Motiv di Orfeo e della sua monotona solitudine. (Overture).
Le tre voci narranti ci introducono poi all’azione scenica. (Invito).
In una regione indefinita, tra le rovine di una vecchia chiesa sconsacrata che domina una collina, un gruppo di ragazzi ha eletto il proprio rifugio, lontano dalla città industriale da ogni impurità della civilizzazione massificante. L’inizio della vicenda li trova ancora immersi nel sonno, negli attimi magici immediatamente precedenti il nascere del sole. Poi le prime voci, i primi movimenti del risveglio, i primi pensieri. E, uguale per tutti, il desiderio del sole e della sua luce vivificatrice. (L’alba).
Quando il primo raggio fende la penombra delle rovine, mettendo fine all’incertezza dell’aurora, il canto sommesso di ognuno si tramuta in un’ovazione scatenata di saluto e di festa. E il violento, improvviso acquazzone che si scatena inaspettato sul gruppo nulla può contro la luce che ormai risplende in una dimensione interiore, acquisita saldamente e a prova di ogni tipo di perturbazione, meteorologica o psichica che si voglia. (Vieni sole).
L’unico a restarsene in disparte, indifferente a tanta gioia collettiva, è Orfeo, uno dei tanti, ma con tutti i suoi problemi ancora sulle spalle, chiuso in una scorza di solitudine ed egotismo che gli impediscono ogni possibilità di evasione dalla tristezza. (Il risveglio di Orfeo).
L’unico momento diverso per lui, l’unico incontro della giornata, sembra essere il dialogo con il ragazzo del pane, ovvero colui che ha l’incarico di provvedere ai rifornimenti del gruppo facendo la spola tra la chiesa e la grande città che sorge in lontananza. (Pane pane).
È con questo instancabile camminatore che Orfeo si abbandona ad un attimo di contatto umano, ascoltandone il suggestivo racconto di una città fantastica, libera e deserta, dove la vita sembra essere di nuovo possibile e piacevole. (La città sognata).
Ma è solo un sogno, precisa l’altro, e la vera metropoli è quella di sempre, ossessiva ed abbrutente. (La ragazza che non volta il viso).
La comparsa di Euridice è per Orfeo la folgorazione. Per chiunque altro è soltanto l’arrivo di una ragazza nuova che si aggiunge alla tribù, ma negli occhi indescrivibilmente azzurri di lei, Orfeo si scontra con la sintesi di ogni possibile, travolgente, assoluta liberazione dalle prigioni dell’individuale. Per un attimo solo, ma infinito, ama. E decide di unirsi per sempre alla creatura che gli ha donato la sola certezza della sua esistenza. (Eccotela qui).
Il rito nuziale è subito celebrato, officiante lo stesso ragazzo del pane, con una cerimonia insieme semplicissima e profonda, cui tutti partecipano con auspici di felicità e amore per la nuova coppia. (Dio/Senti Orfeo).
Ma attirato dai canti di gioia, giunge sul luogo dell’azione un bizzarro personaggio, venditore ambulante di felicità in gocce, che con l’ipnotica esposizione della sua filosofia basata sul “Bisogna essere PIÙ felici”, irretisce Orfeo in un magma di nuove incertezze, e dopo averlo portato sull’orlo della disperazione, gli vende Euridice stessa, gabellandogli per grosso affare quello che Orfeo possedeva già. Poi abbandona soddisfatto la zona, ma ormai l’irreparabile è compiuto. Euridice è per Orfeo un qualcosa che non nasce né si giustifica più in lui. E questo equivale ad averla perduta. (Venditore di felicità).
L’atto si chiude sulla disperazione di Orfeo, che non ritrovando più l’oggetto del suo amore, abbandona la chiesa sulla collina per seguire il venditore alla ricerca del bene perduto. (Senti Orfeo, ripresa).
A T T O II
Orfeo è per strada, da solo, incamminato verso un luogo che non conosce, sostenuto soltanto dalla sua ferma fede in ciò che vuole, “deve” ritrovare. (Ciao).
E la strada gli porta una serie di nuovi incontri, esseri come lui in cammino, come lui tesi verso qualcosa che sia l’alternativa al vuoto della solitudine. (Per la strada).
Ognuno di loro offrirà ad Orfeo la propria soluzione, proponendogli di spartirla fraternamente per il bene comune. Ma Euridice è troppo impressa nella mente, e nessun paragone regge ogni volta che Orfeo si volta a confrontarne l’immagine con ciò che di volta in volta gli viene offerto. Rifiuta così l’amore di una coppia di autostoppisti, che di amore dicono di averne tanto da poterlo dividere anche in tre (Seguici).
E se talvolta barcolla e sta per cedere alle proposte liberatorie dei suoi nuovi amici, è il venditore che interviene ricomparendo dal nulla e riaccendendo in lui l’ossessione della fanciulla perduta. (Venditore di felicità, ripresa).
Rifiuta l’alternativa esoterica di una chiromante illuminata (La chiromante).
Rifiuta anche il soggiorno nella città favolosa immaginata dal ragazzo del pane, che è divenuta ora una realtà, un luogo “liberato” tramite il superamento dell’angoscia nucleare, una dimensione mentale attraverso la quale Orfeo si trova a passare durante il suo viaggio interiore alla ricerca di Euridice (Eccoti alla fine-Tema delle stelle-Eccotela qui, ripresa).
Così, con ogni rifiuto che oppone a chi gli offre una nuova verità, Orfeo distrugge in sé l’immagine di chi gli parla, e tira avanti. (La bomba A).
L’alba seguente lo coglie alla periferia della città infernale, nei primi fumi delle ciminiere assassine. (Da te per te).
In un girone di ombre senza volto, incapaci di esprimersi e di comprendere, la sua ricerca assume i caratteri di una domanda vuota, vana, ossessiva. Nessuno ha visto questa ragazza, e l’unica parola che riecheggia nel suono sordo della metropoli, è il NO. Distrutto, Orfeo si accascia all’angolo di una via. (La città fatta a inferno).
Il risuonare di un vecchio blues, gli accordi semplici di una chitarra e il calore di una voce umana, paiono un miracolo sublime, nell’inferno dei suoni metallici. Un bluesman canta la vecchia favola del tale che perse la sua bella per essersi voltato indietro invece di fidarsi di lei. (Una vecchia favola).
Con lui, un chitarrista semi addormentato e una ragazza vestita con una giacca da uomo troppo grande per lei. Nel ritorno della musica, della sua musica, è l’ultima occasione che Orfeo avrebbe per riconoscere Euridice, mai veramente trovata, mai veramente perduta. Ma i due si sfiorano ancora una volta senza che i loro occhi si incontrino. (La ragazza che non volta il viso. Ritorno ad un sogno).
Non ha capito. E poi capire soltanto non basta. Ma non è a lui che raccontiamo la storia. A chi ci ascolta sì, perché la sua Euridice non è perduta.
Forse la musica del blues era troppo povera, forse il venditore è ricomparso in lontananza, forse lo smog ha velato gli occhi chiari di lei. Orfeo riprende il cammino e scompare tra i vapori oscuri della “città fatta a inferno”. (Eccoti alla fine).